La giornata di un tartufaio di Sant’Agata Feltria
La giornata di un tartufaio di Sant’Agata Feltria
Mancano ancora un paio d’ore alla levata del sole ed in questi primi giorni di novembre è ancora notte fonda, oggi è il mio giorno libero dal lavoro ed ho una voglia matta di farmi una bella uscita in cerca di tartufi. Dopo avere trangugiato frettolosamente un caffè bollente, esco sul retro di casa dove stanno ad attendermi Chicco e Leo. I due amici a quattro zampe conoscono perfettamente le mie abitudini e quando di prima mattina vedono accesa la luce della cucina, sanno perfettamente che quella sarà una giornata di gradevole svago e si preparano ad essa con grande eccitazione. Chicco è uno Springer Spaniel di 13 anni che oramai posso considerare un vero e proprio compagno ed ha instaurato con me un rapporto di affettuosa complicità, mentre Leo è un Lagotto Romagnolo di 7 mesi che sto iniziando all’addestramento della cerca. Appena apro il portellone della mia auto, i due saltano a bordo senza esitazione e sembrano essere totalmente pronti e consapevoli di quel viaggio. Partiamo in direzione di Palazzo per poi raggiungere la località Il Fiocco, luogo giusto per dare inizio alla nostra giornata di ricerca. Su da quelle parti io ci sono nato e conosco alcune “cacce” che mi aveva indicato mio padre quando ero solo un bambino, quelle che quando è giusta stagione non tradiscono mai. L’ubicazione delle “cacce” sono il grande segreto del tartufaio, che si tramandano gelosamente da padre in figlio e che lui non indicherebbe mai a nessuno neanche sotto tortura. Parcheggiata l’auto, prendiamo una carraia in direzione est che, diventata sentiero, ci condurrà verso il fosso delle Avezzane ; i tartufi, quelli bianchi in particolare amano le zone più umide, quelle del fondovalle dove più copiosa confluisce la pioggia dopo le precipitazioni. L’estate protrattasi più del solito ha mantenuto verde la vegetazione e solo ora il fresco dell’autunno comincia ad impossessarsi del bosco. Le foglie gialle degli aceri e quelle viola dei frassini, formano di tanto in tanto delicate macchie di colore che vanno a punteggiare il verde ancora intenso delle roverelle e dei cerri, mentre più in basso cominciano a prendere colore le vermiglie bacche della rosa canina. Immerso in questa silente beatitudine quasi mi dimentico di Chicco e Leo che ubbidienti come non mai, mi precedono lungo il sentiero. Poco prima della levata del sole, quando il terreno facendosi scosceso in direzione del torrente si apre ad alcune radure, do inizio alla cerca stimolando Chicco ad iniziare il suo lavoro; “cerca Chicco dai”. Oramai perfettamente istruito, il cane muso a terra si muove seguendo le mie indicazioni ed avanza eseguendo una serie di cerchi concentrici che gli permettono di ispezionare tutto il territorio che mi circonda. Leo, il cucciolo di Lagotto ancora giovane ed inesperto, continua a saltellare giocoso ma senza mai perdere di vista i movimenti del suo compagno adulto. Per questo motivo porto al seguito anche Leo, è certo infatti che il miglior esempio di istruzione per un giovane cane avviato alla cerca del tartufo, sia proprio l’esperienza diretta nel bosco a contatto con uno già addestrato. Mentre incito sottovoce il cane nella sua azione (il bravo cane da tartufo non si allontana mai dal conduttore), Chicco pochi metri avanti a me si sofferma ai piedi di una roverella e con decisione inizia a scavare con le zampe anteriori. In quel preciso istante avverto l’adrenalina giungere fino alle meningi con il batticuore intenso e caratteristico di quando il cane ha “sentito”. Due passi svelti e sono sul posto, con gesto affettuoso ma deciso cerco di scostare il cane e, “vangella” alla mano comincio a scavare con molta attenzione. L’intento è quello di individuare bene la pallina per poi poter scostare la terra circostante senza recare danno. (Succede talvolta per troppa fretta che la “vangella” affondi precipitosamente spezzando in due o più parti il tartufo appena individuato). Scavo lentamente tutto intorno ed estraggo una bella pallina turgida, intera, di media dimensione e ….. particolarmente profumata. Subito dopo nel rispetto della migliore pratica naturale richiudo il buco venutosi a creare, cercando di mettere l’ultima terra estratta in fondo e via via con la rimanente in modo da restituire alla terra i brandelli di micelio che inevitabilmente ho estirpato coll’estrazione. Riposto il tartufo nella capace tasca della mia saccona, dedico un minuto al mio bravo cane che nel frattempo mi guarda compiaciuto; due carezze affettuose ed una grossa e saporita crocchetta per il suo impegno. Per lui questo è un gioco, al termine del quale si aspetta il piccolo premio e guai a dimenticarsene, naturalmente una crocchetta anche al cucciolo Leo che osserva la scena con molta attenzione. Mentre ci spostiamo verso un’altra caccia insisto con i miei sommessi incitamenti, ottenendo ancor maggiore impegno dal mio ottimo Chicco. Lentamente senza sosta, ripercorro il territorio che conosco a menadito anche se alcune piccole buche non richiuse, testimoniano il passaggio di qualche altro tartufaio poco avveduto. Scendo fino al torrente che percorro sulla sponda destra dove il cane mi segnala il tartufo nei pressi di un salice selvatico, poi ripiego verso monte. Penso che questa possa essere considerata una buona giornata di cerca, una dietro l’altra Chicco ha individuato sei cacce e seppure di medie e piccole dimensioni, ho trovato una quantità di tartufo davvero soddisfacente. Il tempo è volato, preso dall’impegno e dal buon risultato non mi sono accorto del tempo che passa ed un’occhiata all’orologio mi indica il momento del ritorno. Messa la “vangella” in spalla riprendo il sentiero a ritroso, contento per la buona cavatura e per il magico godimento che mi dona l’ambiente circostante. Strada facendo ripasso con la mente le peculiarità del tartufo bianco pregiato, che di sicuro è straordinariamente apprezzato nella gastronomia di qualità, ma penso anche al miracolo compiuto dalla natura, che lo vuole presente solo dove essa pretende. A differenza di quelli neri, il bianco pregiato non può essere coltivato con impianto ex novo, ma ricercato solo dove la natura vuole, all’interno di ecosistemi protetti da grande equilibrio ambientale, proprio come quello del bosco. Di recente molti studiosi di ecologia, lo hanno indicato quale fondamentale elemento di testimonianza della salubrità ambientale, proiettando questo fungo prezioso ben aldilà delle pure importanti caratteristiche culinarie ed economiche. Intanto tra un pensiero e l’altro sono giunto al Fiocco, i miei due compagni come me stanchi e contenti, saltano veloci sul fuoristrada ed insieme riprendiamo la strada di casa.